Messa Crismale e Messa in “Cena Domini”

Il giorno di Giovedì Santo è stato riservato, come sempre, a due distinte celebrazioni liturgiche.

Al mattino, I’arcivescovo Dini, con una solenne cerimonia, nella Cattedrale gremita di folla, ha consacrato il sacro crisma, parola che deriva dal greco, e significa unto, in quanto, nel sacramento della confermazione, viene usato quest’olio, ed il sacramento è, per questo, chiamato cresima.

Quest’olio è stato benedetto insieme all’olio dei Catecumeni, usato per il Battesimo, all’olio per ‘Unzione degli infermi, e, dopo la funzione, è stato distribuito ad ogni parrocchia che lo userà, durante tutto il corso dell’anno liturgico, per tutti i relativi sacramenti.

A tale funzione, hanno partecipato molti sacerdoti e diaconi, quale visibile con conferma della Chiesa, e del sacerdozio, fondato da Cristo.

Alle ore 18, c’è stata invece, la celebrazione della Messa ” in cena Domini, cioè la Messa del Signore, e l’inizio del Triduo pasquale (termine di origine latina : tres dies, tre giorni di funzioni liturgiche).

E’ inutile dirlo che è la funzione religiosa, come dai più è stato detto, con la maggior carica icastica, di tutto l’anno liturgico. Già dalle 16,30, per la cronaca, la Cattedrale era gremita di fedeli che, in attesa, recitavano il Rosario. Non è, difatti, una cena qualsiasi, ma è l’ultima cena che Gesù tenne insieme ai suoi Apostoli, per l’Eucaristia che ne è derivata.

Tutti e quattro gli Evangelisti riferiscono che Gesù, avvicinandosi la festa degli “Azzimi”, chiamata Pasqua ebraica, mandò alcuni discepoli ad approntare, in casa di un loro seguace, quanto necessario, per la rituale cena.

La Pasqua, come noto, è la più solenne festa ebraica, e deve essere celebrata con un preciso rituale rievocante i miracoli di Dio nella liberazione degli Ebrei, dalla schiavitù in Egito. Col sangue dell’agnello sacrificale doveva, infatti, essere segnato ogni stipite di porta degli Ebrei, perché la Morte, passando, non si fermasse.

Viene imposto, per questo, che, in quella notte, ogni famiglia deve consumare, durante il pasto, un agnello, precedentemente sgozzato, assieme ad erbe amare e pane azzimo, cioè senza lievito, da greco “azimos”, da cui il termine poi “Azzimi”.

Gesù, assieme ai dodici Apostoli, non mangiò secondo la tradizione, al contrario parlò loro con parole di commlato, di promesse, di consacrazione.

Il Vangelo di Giovanni racconta che Gesù, alzatosi da tavola, deposte le vesti e preso un asciugatoio, che cinse alla vita, versò dell’acqua in un catino e, con un gesto inaudito, perché riservato agli schiavi ed ai servi, si mise a lavare i piedi degli apostoli, asciugandoli con l’asciugatoio con cui si era cinto.

Monsignor Dini, nella sua omelia, ricordava che, a quell’epoca, le strade erano polverose e fangose, magari sporche di escrementi animali, che, a fine giornata, rendevano i piedi, calzati da solo sandali, molto sporchi, e l’asciugatoio, ” lention “, diventava, alla fine, una specie di divisa di quanti erano soliti servire a tavola.

Quando fu il turno di Simon Pietro, questi si oppose al gesto di Gesù: “Signore, tu lavi i piedi a me?”, e Gesù rispose: “Quello che faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”. Ancora Simon Pietro, insistendo: “Non mi laverai mai i piedi “. E Gesù, di nuovo: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”.

Questa lavanda è una delle più grandi lezioni che Gesù diede ai suoi discepoli, perché avrebbero dovuto servire tutti i fratelli dell’umanità.

Dopo la lavanda, Gesù si rivesti e, tornando a sedere fra gli apostoli, accennò al tradimento di uno di loro: ” In verità Vi dico, uno di voi mi tradirà.”

I vangeli di Matteo, Marco e Luca, dicono che” Gesù, mentre mangiava con loro, prese il pane e, pronunciata la benedizione, lo spezzò dicendo : “Prendete questo è il mio corpo”, poi prese il calice col vino, rese grazie, lo diede loro dicendo : “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti. Fate questo in memoria di me”, donando cosi se stesso nel Sacramento dell’Eucaristia, ed istituendo quel Sacerdozio cristiano che perpetuerà, nei secoli a venire, il sacrificio di Gesú.

Il commovente rito con cui Monsignor Dini, in ginocchio, ha lavato ed asciugato il piede destro, baciandolo, di ogni comparsa in veste degli Apostoli, partiti qualche tempo prima dalla chiesa di San Giovanni dei Gelsi, si è concluso con la reposizione dell’Eucaristia nella cappella destra della Cattedrale, addobbata con luci e fiori, per ricordare l’istituzione del Sacramento. Cappella, a seguire, meta poi di devozione ed adorazione, col nome usuale di Sepolcri.

Le musiche interpretate dal Prof. Colasurdo con il grande organo, l’accompagnamento del coro, diretto da Monsignor Don Armando Di Fabio, tra i più famosi in Italia, in settecento accompagneranno la Madonna il Venerdì Santo, hanno reso la funzione, che si è prolungata sino alle venti, unica, indimenticabile.