Le Tremiti, un Paradiso in miniatura

E’ così minuscolo questo paradiso, che la dimensione di queste isole può essere misurata in metri. Quanta bellezza, quanta storia, quante leggende per questo piccolo arcipelago, l’unico italiano nel mare Adriatico. Quasi un libro da sfogliare piano piano, ad iniziare da Omero, dalla Iliade

Finiti gli esami di Licenza Liceale, ancora con i sogni, di Elena, Ifigenia, Achille, Ettore, Patroclo, Paride, Agamennone, Ulisse, solo Diomede mancante, con l’amico Bruno Petrucciani, scegliemmo un giorno di metà Luglio del 1955 per recarci a Termoli e prendere la nave cisterna che riforniva l’isola di San Nicola e di San Domino di acqua potabile. Le isole abitate erano pure San Nicola e San Domino e l’isola più lontana Pianosa, tutte formate da rocce di origine marina o continentale, chiamate loess o falesie.

Unico suggerimento avuto se, nelle notti senza luna, fossimo andati nell’isola di San Domino ad ascoltare le Diomede che, col il loro lamento simile al pianto di piccoli bambini, sono davvero una esperienza unica, da non dimenticare. La leggenda vuole, infatti, che questi uccelli, appartenenti alla specie Berta maggiore, Calonectri diomedea, e Berta Minore, Puffinus Yellouan, siano i fedeli compagni dell’eroe omerico Diomede, trasformati in uccelli dalla capricciosa Venere e condannati a piangere il loro re semidio.
Plinio li descrive con denti aguzzi ed occhi di fuoco per i nemici, e morbide vezzose piume di straordinario candore, per gli amici.
Berta minore , simile alle precedenti, solo più piccola. Questi uccelli volano velocemente a pelo d’acqua e, secondo la leggenda, pare che siano la reincarnazione di anime in pena, condannate a vagare eternamente sul mare.

Berta maggiore

Tacito menziona queste isole, in un suo testo, chiamandole Trimerum, mentre la più antica carta geografica, detta Pisana del 1257 circa, scrive Trimitto. Successivamente, a partire dal XVI secolo, assunsero i nomi di Tremetuse, Trimerus.

L’antico maestro e celebre incisore Natale Bonifacio pubblica La Veduta delle Isole Tremiti, una incisione in rame, con ai lati la mitra ed il bastone episcopale da una parte, e dall’altra la spada, in cui le Isole vengono indicate ognuna con il proprio nome e sono illustrate in prospettiva dall’alto. Ma fu nel 1567, quando i frati di Tremiti resistettero alla incursione dei Turchi, che iniziarono a diffondersi in Italia ed in Europa le carte geografiche delle Isole ; una, che raffigura le navi in fuga, molto ricca di particolari decorativi è quella di Antonio Danti. Nella Cronica Istoriale di Tremiti, stampata nel 1606, c’è una carta delle Isole proveniente da quella del Bonifacio dove son segnati i luoghi notabili della Fortezza. Del 1670 c’è una carta delle Isole attribuita a Don Girolaco Teutonico, il frate canonico Regolare Laterinense, famoso perché si oppose nel 1674 alla vendita delle isole , e del Monastero, per 50:000 scudi. Ma la carta nautica più antica finora conosciuta, detta Pisana, datata intorno al 1275, mostra quattro isole, dette Tremito, disegnate in modo approssimativo e sproporzionato. Nelle carte nautiche medievali sono invece riportate cinque isole, tra cui Pianosa. Finalmente, per ordine di Ferdinando IV del Regno di Napoli fu realizzato da Antonio Rizzi Zannoni l’Atlante geografico del Regno di Napoli nel 1808, dove nella Tav. 7 il disegno delle isole Tremiti assume una fisionomia abbastanza aderente alla realtà.

Isole Tremiti, tavola di Rizzi Zannone

La Cronica Istoriale di Tremiti, composta in latino nel 1508 da Don Benedetto Cocarella, tardotta in italiano volgare da Don Pietro Paolo di Ribera, e stampata a Venezia nel 1606, è da sempre considerata l’opera moderna più completa scritta sulle isole. Comincia col narrare che nell’isola disabitata di San Nicola, rifugio fin allora di marinai e corsari, si ritirò a vita contemplativa un eremita santo e venerabile. Egli avrebbe avuto di notte l’apparizione della Madonna, che lo esortò a scavare nel luogo ove era solito recarsi per pregare, perché lì avrebbe trovato un tesoro, il tesoro dell’eroe omerico Diomede, con cui acquistare il materiale per erigere una cappella in suo onore. Ma l’eremita non diede peso a questa visione, così che la Madonna dovette apparirgli una seconda volta per esortarlo a fare quello che diceva.

Diomede

Finalmente, trovato il tesoro, egli decide di recarsi a Costantinopoli per comperare tutto il necessario e costruire la cappella. La notizia dell’avvenuto miracolo si diffuse nell’immediato e l’isola fu invasa da pellegrini provenienti da ogni parte, tant’è che il povero eremita fu costretto a chiedere a Roma di intervenire. Così si decise di affidare il controllo dell’isola all’ordine monastico dei Benedettini. Altri avvenimenti avevano interessato le Isole prima della venuta dei monaci di questo ordine.

Nel primo secolo d.C. pare che Giulia, nipote dell’Imperatore Augusto, fosse esiliata a Tremiti perché rea di adulterio continuato e qui morta dopo circa vent’anni. Infatti, sin dai tempi dei Romani, le Tremiti fungevano da luogo di deportazione nelle isole dell’Adriatico e venivano inviati i rei delle provincie del Tirreno e dello Ionio, mentre nelle pontine, quelli del mare Adriatico: Negli anni 165-180, ossia durante l’impero di Marco Aurelio, sulle fondamenta della cappella eretta dall’eremita Nicola, il Beato Giovanni da Foligno fece costruire l’attuale chiesa dedicata a Santa Maria al Mare.
Dopo la caduta dell’Impero Romano e fino al VII sec. d.C., le Tremiti ritornavano ad essere base e ricoveri di pirati. Nel VII secolo papa Leone II ristabilisce ordine e sicurezza sulle Isole, ordinando la cattura del famigerato pirata Cola.

Giulia

Nell’ anno 771, Paolo Vinilfrido, detto il Diacono, monaco e storico di origine longobarda, venne deportato sulle Isole per aver partecipato alla congiura contro lo stesso Imperatore. Da qui, comunque, riuscì a fuggire e si rifugiò dapprima presso il principe di Benevento e successivamente nell’abbazia di Montecassino.

La storia delle Isole Tremiti può comunque essere suddivisa in cinque periodi :
Periodo Benedettino sino al 1237, periodo Circencense sino al 1343, Periodo Lateranense dal 1412 al 1737, periodo Borbonico sino al 1859, periodo del Regno d’Italia sino al 1943.
Verso il 1045, i monaci decidono di trasferirsi dalla più grande isola di San Domino in quella antistante di San Nicola, perché meglio difendibile, e il primo abate Alberico fece costruire il nuovo monastero sulle fondamenta della chiesa dedicata a Santa Maria al Mare.

Santuario di Santa Maria a mare

Questi due edifici formarono una autentica fortezza, inespugnabile da parte dei corsari e delle flotte turche.
Il Papa, venuto a conoscenza delle attività più temporali che spirituali dei Benedettini, sostituì l’abate Adamo col più severo ed intransigente Trasmundo. Questi cercò di riportare un po’ di ordine nell’isola comminando esemplari punizioni temporali. Papa Gregorio IX, mise fine all’ egemonia dei Benedettini destituendo l’ordine e l’ultimo Abate. Ma anche i Circestensi furono oggetto delle stesse difficoltà tanto che, dopo l’ultima uccisione di tutti i monaci, e la esportazione di tutti i beni, l’abbazia rimase senza religiosi per diversi decenni.
Il Papa Alessandro II, eletto nel 1061, diede incarico all’ abate Desiderio dell’abbazia di Montecassino, storica antesignana dell’indipendente monastero delle Tremiti, di condurre una indagine sulla moralità dei monaci residenti nell’isola. In effetti essi, grazie ai tesori accumulati, si davano a traffici di ogni genere, conducendo una vita dissipata e lussuriosa, dimentichi oramai delle regole monastiche, tanto da allearsi persino con i pirati dalmati per meglio difendersi dai Turchi che, avendo saputo delle enormi ricchezze detenute dai frati, spesso organizzavano incursioni ed attacchi per depredarli. Così il Papa, venuto a conoscenza delle attività più temporali che spirituali dei Benedettini, ebbe a sostituire l’abate Antonio con l’abate Trasmundo, il quale con metodi poco ortodossi, cercò di riportare un po’ di ordine sull’isola. Si racconta, infatti, che fece cavare gli occhi e togliere la lingua a tre monaci ribelli.

Nel 1073, il Papa Gregorio VII, toscano, pose l’abbazia delle Tremiti sotto la tutela del Monastero di Montecassino. Ma la continua ed incessante lotta tra le due abbazie, minò la supremazia di quella tremitese, decurtando notevolmente il suo patrimonio terriero. Così, nel 1190 comincia il definitivo declino economico dei Benedettini, i quali iniziarono a vendere i loro possedimenti sulla terraferma e a darsi al contrabbando, offrendo anche rifugio ai pirati dalmati. Arrigo VI, consapevole della vita scorretta dei monaci, saccheggiò l’abbazia e distrusse il porto di San Nicola. Nel 1236, una nuova inchiesta, ordinata da Gregorio IX, mise definitamente fine all’egemonia dell’ordine dei Benedettini sull’isola, attraverso la destituzione dell’abate Pietro.

Il periodo Cistercense dal 1237 al 1343,

Nel 1237 il cardinale Raniero di Viterbo incarica il vescovo della vicina Termoli d’insediare nelle isole un uovo ordine monastico, quello dei Cistercensi. Essi erano famosi per le opere di bonifica e colonizzazione, oltre che per aver dato diffusione all’arte gotica in Italia. L’ordine monastico dei Cistercensi, che vi si trasferì, proveniva dal Monastero di Casanova, vicino Parma; nel 1251 il Pontefice Innocenzo IV dispose la sottomissione dell’Abbazia delle Tremiti a quel Monastero.

Monastero di Casanova

Così a Tremiti vennero inviati all’inizio solo cinque monaci, i quali cominciarono a fare l’inventario dei possedimenti detenuti e persi dai Benedettini. Successivamente arrivarono ad essere quaranta unità e per le isole fu l’inizio di una grande prosperità e totale indipendenza economica.
Ma poiché Tremiti costituiva un naturale rifugio per tutte quelle imbarcazioni che commerciavano con la Dalmazia e i pirati di Omis continuavano scorrazzare intorno alle Isole per poter assalire e depredare queste navi, i Circestensi decisero di rinforzare le difese delle isole costruendo un robusto muro di cinta a protezione del monastero e della chiesa e due possenti torrioni, uno all’entrata e l’altro verso la Tagliaia. Quest’ultimo è una spaccatura, ancor oggi ben visibile, iniziata dai Benedettini, che aveva la funzione di rendere maggiormente inespugnabile l’isola, dividendola in due parti: quella della fortezza e quella dell’Asinario.

Nel 1204, Carlo II d’Angiò decise di far insediare alla Tremiti un presidio militare, perché i monaci Circestensi potessero meglio difenedersi dai probabili attacchi dei pirati dalmati e non continuassero ad esercitare il contrabbando, ma l’anno successivo furono gli stessi monaci a convincere Papa Bonifacio VIII a rimuovere il presidio militare, in quanto limitava i loro traffici illegali.

Nel periodo compreso tra il 1334 ed il 1343, l’ordine dei Circestensi scompare dall’isola: le notizie che abbiamo al riguardo sono contradittorie e non certe: Ipotizziamo solo che la loro scomparsa fosse dovuta al fatto che probabilmente non riuscirono a fronteggiare i continui attacchi dei pirati slavi, oppure perché trucidati dai pirati di Omis, così come riportano gli storici Cocarella e Summone.

In merito ci sono due versioni: La versione della cassa da morto, con dentro il capitano vivo dei pirati, nascosto e con dieci taglienti spade, che i frati fecero entrare cristianamente in chiesa. All’inizio del canto, si aprì la bara e tutti i frati furono uccisi e tutta la chiesa depredata tanto che venne abbandonata per oltre trenta anni

Un’altra versione,meno cruenta, I Cistercensi furono costretti ad abbandonare l’isola, non potendo contrastare i continui attacchi dei primi Dalmati, e dei Turchi.

Cappella del Romito

Tra il 1343 ed il 1412 le isole tremiti rimasero disabitate. In questi anni arriva sull’isola un altro eremita, Pietro Polone, il quale si dedica alla meditazione ed alla coltivazione di vigne, oliveti e piante da frutto. Comincia a costruire a San Domino, nella parte più alta (116 m ), una piccola Cappella per le sue preghiere, i cui resti sono ancora oggi visibili in località Cappella del Romito.

Non tutti sanno, però, che da questa cappella parte un cunicolo sotterraneo di circa 70 centimetri di diametro, che arriva fino all’interno della Grotta del Bue Marino : sembra che a costruirlo siano stati i pirati per poter accedere di sorpresa all’isola, dal mare, ai tempi del primo insediamento dei Benedettini a San Domino.

Grotta del bue marino

IL Periodo Lateranense dal 1412 al 1737

Il Pontefice Gregorio XII, su proposta del Cardinale Giovanni Domenici, detto Giandomenico, nel settembre del 1412 affida ai Canonici Regolari Lateranensi, da San Frediano di Lucca, la custodia ed il restauro dell’abbazia di San Nicola sotto la Guida di Leone Gherardini di Carate, che si trasferisce con quattro confratelli. L’ordine dei Canonici Regolari Lateranensi fu fondato dall’evangelista San Marco e adottò le regole mistiche dettate da S.Agostino. All’inizio i Lateranensi non si mostrarono entusiasti dell’incarico loro affidato, essendo vivo il ricordo del massacro dei predecessori e dei continui e costanti attacchi dei pirati, ma per non dispiacere alla Santa Vergine e per obbedienza al Romano Pontefice, accettarono ed intrapresero il restauro di parte dell’abbazia, offrendo anche asilo a chiunque chiedesse soccorso. Furono così dediti alla vita monastica e spirituale, tanto che l’eremita Pietro Polono, attratto dalla loro santità, chiede ed ottiene di potersi trasferire nell’abbazia, a San Nicola. Così’ nel 1419 circa, i Canonici Lateranensi trasformarono le Tremiti in tutta una sorta di paradiso, grazie alle donazioni dei nobili del Gargano e, forti anche loro dei possedimenti ricevuti, iniziarono ad abbandonare la preghiera per l’amministrazione di questi.

Antica cisterna

Nel 1450 i Lateranensi effettuarono opere di straordinaria grandezza sull’isola, come la costruzione di quattordici cisterne per la raccolta di acqua piovana, alcune ancora oggi ben visibili, quattro Bastioni, il nuovo dormitorio, le prigioni e un ponte levatoio con saracinesca, oltre un ospedale, un forno e magazzini per gli abitanti. Queste maestose realizzazioni furono fatte eseguire principalmente dagli abati Cipriano Milanese e Mattea mecenate Vercellese. Ma, costruite le opere di difesa, si rese necessario munirle di persone armate, cosicché gli stessi Lateranensi aumentarono il loro numero e si misero essi stessi a vigilanza della fortezza.

Nel 1465 tale diventò la loro potenza, sia economica che religiosa, che ottennero il privilegio di far porre il loro abate sotto la diretta ed esclusiva soggezione del Pontefice di Roma, con l’attribuzione del titolo di Principe di Tremiti. Successivamente, nel 1532, i monaci chiedendo alla Regia Camera di Napoli, l’invio di nuove armi e munizioni per poter fronteggiare gli attacchi di pirateria turca. Otterranno dal duca di Arcos l’invio di soldati a spese del Re.

Duca di Arcos

Intorno al 1535, Papa Paolo III, pontefice mecenate che nominò Michelangelo architetto a vita e approvò la discussa Compagnia di Gesù, concesse ai monaci il gran privilegio di poter amministrare la giustizia comminando pene e torture. Un promemoria del 1556, presentato dall’abate di Tremiti al Viceré, ci informa della grande e massiccia affluenza di forestieri e navi che si avevano nelle Isole. Inoltre ci fornisce un quadro della popolazione esistente in quel periodo. Tra canonici, contadini , soldati di presidio, inservienti vari, sarti, medici, chirurgi, farmacisti, vari altri, circa 370 persone.

Purtroppo le spese elevate per la difesa delle incursioni corsare ed il mantenimento della guarnigione militare costrinsero i monaci a svendere alcune delle loro proprietà terriere in continente. Famoso fu l’attacco nel 1567 della flotta turca del Saladino, con 150 galere che, dopo tre giorni, dovettero ritrarsi, sconfitti per la strenua difesa dei monaci.

Flotta turca del Saladino

Durante il periodo compreso tra il 1562 e il 1586, i Canonici Lateranensi vennero giustamente accusati di mantenere rapporti di contrabbando e traffici illeciti con una parte della pirateria dalmata e questo indusse il Viceré di Napoli ad attuare una sorta di embargo nei loro confronti. Fortunatamente il Canonico De Ribera, dimostrando il contrario, riuscì a togliere le restrizioni comminate.

Successivamente, nella prima metà del 1600, fallito il tentativo di vendita delle Isole al Regno di Spagna, i Canonici le offrirono al cardinale Barberini. La situazione economica delle Tremiti continuò ad aggravarsi, tanto che i Canonici scendono ad appena trenta unità, con un presidio militare ridotto a ventitré soldati rispetto ai centocinquanta presenti, nel periodo di massimo fulgore. Nel 1675 il Re Carlo II, con Real Carta del 9 dicembre, ordinò che con ogni mezzo fosse impedita la vendita delle Isole e dispone l’invio di militari per esaminare la necessità o meno d’istituire un corpo di guardia per presidiare la fortezza.

Dell’epoca è la Verità Svelata di Antonio Torci, celatosi sotto il falso nome di Ottomano Evangelico Romita, scritto in cui si affermava con forza che le Isole tremiti, essendo state da sempre sotto il dominio del Re di Napoli, dovevano essere da lor gestite. Questo opuscolo, inoltre, accusava gli abbati Tremitesi di cattiva amministrazione del ricco patrimonio badiale. Fino al 1737 i lateranensi, anche se attaccati dai pirati, furono presenti sull’isola e vi rimasero fino a quando salì al trono di Napoli, Carlo III di Borbone.

Carlo III di Borbone

Il Periodo Borbonico dal 1737 al 1859.

Nel 1737 Carlo III di Borbone, Re di Napoli, affida alla Regia Camera l’incarico di condurre un’indagine sullo stato patrimoniale dell’abbazia Tremitese e di sostenere la tesi che voleva i Lateranensi semplici custodi di quei possedimenti per concessione di Real Dominio, insediando un suo presidio di soldati e facendo in tal modo cadere ogni egemonia e pretesa dei Canonici, i quali, ridotti ormai ad un numero esiguo di cinque unità, presto se ne andarono. Nel 1781 le isole diventarono ufficialmente appartenenti alla Corona e Ferdinando IV le acquisisce definitivamente. Dieci anni più tardi, nel 1792, per volere dell’imperatore, l’abbazia si trasforma in colonia penale per indesiderati e vagabondi da cui Gennaro Pallante, Consigliere di Stato, intende epurare la città di Napoli. A costoro vengono assegnati appezzamenti di terra da coltivare (cinque tomoli ognuno), utensili per potere esercitare il loro mestiere e una paga di cinque grana per i primi tre anni di deportazione. Gioacchino Murat nel 1809 concederà la grazia ai deportati di Tremiti per avere valorosamente difeso le Isole insieme a 80 soldati francesi dall’assalto di una flotta anglo-russa. Ancora oggi sono chiaramente visibili sulla facciata della chiesa di S. Maria a Mare i colpi (circa 15-18) dell’artiglieria navale sparati durante tale assedio. I nemici infatti sbarcarono nell’isola di San Domino e, piazzate le loro batterie, le rivolsero contro San Nicola. Con la sconfitta di Napoleone gli inglesi tentarono di nuovo la conquista di Tremiti e finalmente riuscirono ad ottenerne la resa. Murat, rifugiatosi a Rodi Garganico nella villa del dott. Veneziani, si recò a Tremiti per mantenere il suo tesoro.

Dopo che le vicende storiche videro tornare i Borboni sul trono di Napoli nel 1815, divenne noto l’ordine impartito da Ferdinando II di far rastrellare guappi e picciotti, sia napoletani che siciliani, e di deportarli a Tremiti. Il 19 settembre 1884, il Re volle visitare la colonia penale. Un cronista dell’epoca ci racconta che dapprima si recò presso la chiesa e qui assistette devotamente al Te Deum e successivamente recepì le proteste e i reclami di alcuni deportati. La vita nella colonia penale procedeva assai male : continui reati di sangue, furti, gioco d’azzardo e atti di libidine infestavano le Isole. Il Ministro, non sapendo come rimediare ai disordini, inviò un ufficiale superiore dell’esercito col ruolo di Governatore Civile e Militare.

Ferdinando II

Così, appena giunse, il Colonnello Somma proclamò le Isole sotto assedio e adottò prescrizioni volte a ristabilire l’ordine pubblico e a migliorare le condizioni di vita dei coloni.

Ogni mattina le legnate erano somministrate senza pietà, persino alle donne, come era naturale, non rispondevano sempre alla durezza del castigo ed è cosa ancora colà nota e risaputa che nello stesso momento in cui per punire i giocatori e intimidirli, cadeva il bastone sulle carni dei colpevoli.

Il periodo del Regno d’Italia da 1860 al 1943.

Nel 1861, con l’unione del Regno di Napoli alla corona dei Savoia, tutti i deportati della colonia penale di San Nicola riacquistarono la libertà. Alcuni decisero di tornare sulla terraferma, altri invece restarono a San Nicola con le loro famiglie. Con decreto reale del 13 Dicembre 1863 si costituti l’Amministrazione Civile delle tremiti, con un governatore direttamente dipendente dal Ministero degli Interni. Si istituirono così i primi uffici pubblici, come quello postale, giudiziario, medico, la prima scuola elementare e si introduce la pubblica illuminazione a petrolio. La popolazione nel 1876 arrivò così, complessivamente, a 775 abitanti, ma restò comunque la destinazione principale delle Isole quella di prigione sul mare sia per la presenza dei coatti, ossia delinquenti comuni , sia per i deportati politici ed i prigionieri delle guerra di Libia. Purtroppo la deportazioni dei libici comportò la diffusione del vaiolo nero, tant’è che quasi tutti morirono presto e furono per questo sepolti in fosse comuni. Successivamente il Comune delle Isole tremiti decise di dare loro una degna sepoltura, facendo costruire un cimitero che li accogliesse, accanto a quello termitese, sull’isola di San Nicola.

Monumento cimitero libico

Il 24 maggio del 1915 l’isola di San Nicola venne bombardata da due caccia austriaci, mentre un gruppo di marinai della stessa coalizione sbarcava dietro la banchina e tagliava il cavo telegrafico. L’episodio costrinse il Ministero della Guerra a rinforzare le difese dell’isola e a sopprimere la colonia penale. Ma, successivamente, nel 1926 , ridivennero luogo di domicilio coatto, prima solo per delinquenti comuni, successivamente anche per politici che si opponevano al regime fascista. Ai confinati, oltre al soldo, fu concessa la facoltà di lavorare, cosicché molti di essi venivano impiegati dai residenti in lavori agricoli e di pesca, mentre, quelli dotati di una certa istruzione, vennero assunti come impiegati civili nell’infermeria.
Nelle intenzioni del Regime vi era il progetto di far trasferire i tremitesi nell’isola di San Domino e, perché ciò avvenisse furono costruite case coloniche di colore rosso per ospitarli, ma poiché nessuno di essi acconsentì a spostarsi da San Nicola, questi edifici furono successivamente utilizzati come carcere della Marina Militare. Con regio decreto n.35/1932 viene istituito il comune autonomo delle isole Tremiti.

In previsione del secondo conflitto mondiale nel 36 , la Marina Militare effettuò opere di difesa costiera ed antiaerea ed inoltre costruì un capace serbatoio d’acqua nella parte dell’isola di San Nicola, con relativa conduttura che collegava le navi cisterna alla vasca

Nave cisterna

Nell’isola di San Domino venne installata nel 1938 una centrale termica per la produzione di energia elettrica in prossimità di Punta del Diamante e, nel 1943, con la caduta del regime fascista termina, finalmente, la triste storia di Tremiti come luogo di pena. Da questo momento tutto diventa cronaca del nostro tempo. Le isole cessano la loro funzione di forziere umano. Ma in tanti si domandano se negli inesplorati sotterranei dell’abbazia oppure in qualche grotta si celi un tesoro :basti pensare alle denominazioni date ad alcune cale come Punta del diamante o Cala dei Turchi a ricordo di quei pirati che per anni le hanno utilizzate come loro rifugio.

Cala dei Turchi

I Tremitesi napoletani.

Risulta veramente curioso che ancor oggi la popolazione tremitese, anche se appartiene amministrativamente alla regione Puglia, non parli il dialetto tipico di questa, ma un perfetto ed arcaico napoletano, come conseguenza della dominazione borbonica. Anche gli attuali nomi ed i cognomi hanno denominazione siciliana e napoletana, a causa della deportazione di picciotti e guappi nel periodo ferdinandeo, ossia da 1842, infatti ancora oggi vi sono i Lisci di origine siciliana oppure i Pica di evidente provenienza napoletana, come anche i nomi di Aniello e Gennaro.

Vi sono quattrocento residenti che durante i mesi invernali, non soggiornano nelle isole: la maggior parte si trattiene a Termoli in Molise.

A completamento delle mie modeste ricerche, rimane il problema delle origini di qusto scrigno. Alcune supposizioni la legherebbero al terremoto (Tremetus ) che la separò dalla penisola Garganica. Alcuni altri suppongono che l’arcipelago, in origne fosse composto da una sola isola montuosa che, a seguito di eventi geologici si fosse divisa in tre e quindi Tre Monti.

Per quanto concerne me è un vero scrigno che , il 3 Ottobre del 1998, è stata arricchita dalla più grande statua del mondo di Padre Pio, opera del foggiano Domenico Norcia, tra l’isola di San Nicola e l’isola del Cretaccio su un basamento di cemento, a 12 metri di profondità.

Statua di Padre Pio

Il piacere maggiore è vedere i miei terribili nipotini immergersi e toccare Padre Pio, fare la Croce, e risalire. Sono diventati il terrore dei pescatori del posto perché sono i loro concorrenti e mangiano di crudo.